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Giulia

Ultimo Aggiornamento: 26/06/2008 10:12
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I'm the man
Utente Gold
26/06/2008 10:09

Alberto mosse un poco i polsini del maglione verso l’alto per scoprire meglio la camicia bianca sottostante. Torturò un altro poco l’asticella degli occhiali e per aggiustarsi meglio la visuale fece un movimento con la parte superiore dell’indice sinistro, a premere contro il ponte, per far salire le lenti meglio sul naso. Poi continuò, dopo aver fatto le condoglianze di rito:

- Capisco che vuole rimanere da sola… Con suo nonno, intendo… Ma ci sono delle procedure da sbrigare. Se permette me ne occupo io.

Si strofinò in modo impacciato la mano destra per tutta la lunghezza del palmo sulla base del maglione.

- Contatto la ditta e tutto il resto e poi le faccio sapere.

Uscì quasi facendo una reverenza, come quando si esce da una Chiesa, girandosi solo all’ultimo per infilare la porta. Giulia durante il tempo che aveva parlato non era riuscita a dargli neanche la mano. Da una parte voleva farsi vedere un pochino serena. Voleva che il nonno, sicura che la vedesse, non la trovasse così abbattuta. Ma non ci riusciva neanche un poco. Non riusciva a esprimere le forze adatte ad attivare le corde vocali o ad alzare gli angoli esterni della bocca. Tuttavia sentiva la gola secca e si decise ad andare nell’androne dell’ospedale, al piano superiore, per prendersi qualcosa. Fece un po’ di vortici con la mano infilata dentro la borsetta per far spuntare un porta monete rosa con un’apertura frontale e piccola. Tremando fece scattare il pulsante che sembrava pesare tantissimo. Scivolò fuori un euro e lo infilò nella fessura. Mentre selezionava una bottiglietta d’acqua naturale pensò che non aveva neanche ringraziato quel signore. Prese la bottiglia e cercò due volte di aprirla. Sentì il liquido fresco scendere ad inumidirle la gola. Le venne in mente un immagine di quando era al mare e stava seduta osservando l’orizzonte. L’acqua sembrava la cosa più bella del mondo anche in quell’occasione di caldo e sudore. Socchiuse un momento gli occhi e chinò un poco la testa verso destra in modo quasi impercettibile. Poi riguardò la borsa aperta. La richiuse rapidamente e decise di scendere di nuovo giù.

- Signora, il resto.

Si girò di scatto e rivide il viso di quell’infermiere che l’aveva soccorsa qualche ora prima. Si accorse anche, di colpo, come si fosse svegliata da un incanto, che la sala ristoro era piena di gente. Prese le due monete tra le due dita e si allontanò. Si sedette poco più là. Si chiese come mai il Sole continuasse a splendere così forte in una giornata senza il nonno. Scorse sulla destra due bambini che erano appena entrati nell’androne. Avevano due pigiami colorati e allegri. Una signora dietro strascicava su un paio di sandali da ospedale, bucherellati sulla parte superiore e di colore arancione. Il verde della sua divisa non sminuiva il pancione che si muoveva un po’ da un lato e un po’ dall’altro mentre avanzava inesorabile verso la macchinetta del caffè. Fece un cenno di saluto verso l’infermiere di prima che si allontanò di fretta. Poi richiamò quei due bambini che si erano fissati a torturare un cestino.

- Che ora si va a fare le analisi, lasciate quella roba.

I bambini erano così spensierati. Quante volte avrebbe voluto tornare bambina Giulia. Quante volte avrebbe voluto risentire le braccia calde e sicure del papà. Come avrebbe voluto sentirlo adesso. Ma erano mesi che non si parlavano. Avrebbe dovuto trovare il coraggio di chiamarlo. Erano già passate alcune ore. Doveva proprio. Si fece forza ed estrasse con forza un piccolo cellulare rosa pallido dalla borsa. Più volte provò a farlo accendere ma sembrava essere diventato un oggetto cattivo e noioso tutto d’un tratto. Alla fine apparse un chiarore sullo schermo principale. Una volta attivo cercò sulla rubrica e cliccò su papà. Fece squillare un poco. Ma dopo tre squilli la chiamata fu troncata. Decise di scrivere un messaggio:

- Lo so che non mi vuoi parlare. Ma sappi che nonno Enrico è mancato. Volevo informarti solo di questo.

Poi aspettò una risposta che non arrivava. Spense il cellulare e lo infilò di nuovo in quella borsa. Tre persone entrarono nell’androne seguite da un’altra decina. Il gruppo si sparpagliò velocemente. Di quelle tre riconobbe due parenti di alcuni ospiti dell’ospedale. Poi un uomo dal gruppo si staccò e si avvicinò a lei.

- Perché non si dà una bella rinfrescata? Per sentirsi meglio… Comunque ho chiamato alla ditta ed è tutto apposto. Se ne occupano di tutto loro. Vuole qualcosa da mangiare? C’è il bar proprio qui dietro, perché non viene?

Era di nuovo Alberto. Decise stancamente di alzarsi e seguirlo. La stanza del bar era già piena di gente. Ognuno urlava qualcosa al barista. Altri già pagavano i primi scontrini.

- Allora cosa prende?

Si decise:

- Un latte.

Alberto si alzò di scatto, si riaggiustò gli occhiali con un dito annuendo un poco verso Giulia e si avvicinò verso il bancone. Giulia rimase silenziosa ad osservare la strana forma quadrata del tavolino grigio. Questa volta senza pensare. Per un attimo, persino, si era dimenticata perché era lì.
Alberto tornò e posò il tutto sul tavolo. Per lui aveva preso un caffè e un croissant mentre per Giulia il latte con un altro croissant, anche se non richiesto.

- Io la ringrazio di tutto. Lei è molto gentile.

Esordì Giulia.

- Ma perché non mi dà del tu? Insomma, sono più grande di lei…te, ma chiamami pure Alberto.

Giulia gli diede la mano destra e poi si mise a piangere un poco.

- Mi scusi, mi scusi.

Alberto le pose subito un fazzoletto chiaro e ben piegato. Lo aprì e si permise di asciugarle in parte una lacrima su una guancia che cadde proprio sul piattino dov’era posato il bicchiere del latte. Giulia abbassò subito lo sguardo e si coprì un pochino il viso con una mano. Poi spostò nervosamente per tre volte il ciuffo ribelle che nascondeva ottuso la fronte. L’uomo la fissava intensamente poi le sue guance si arrossarono un poco. Distolse lo sguardo verso un frigo di gelati posto poco più in là sulla destra. Uno schiamazzo proveniente dalla gente in sala li fece sobbalzare un poco entrambi. Spinse gli occhiali con l’indice verso il naso e poi sparò, tutto di un fiato:

- Sei molto bella.

Giulia non rispose. E non pensò a nulla. Prese il latte e lo fece scendere tutto di un fiato sopra la lingua e poi giù a scomparire nella gola. Lasciò il bicchiere sul piattino con un alone dove aveva poggiato le labbra. Poi si alzò abbastanza velocemente.

- Non doveva disturbarsi, riesco anche da me.

Alberto la fermò.

- Ti chiedo scusa se ho detto quella frase. Mi è venuta così. Ma lascia che ti aiuti in questo momento.

Giulia annuì guardando verso la porta e poi si affrettò verso l’uscita per tornare dal nonno
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