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Giulia

Ultimo Aggiornamento: 26/06/2008 10:12
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26/06/2008 10:11

Giulia entrò in periferia solo dopo qualche ora di viaggio. Parcheggiò l’auto e accese il vecchio telefono dopo averlo estratto di fretta dalla borsetta. Mille messaggi si concatenavano. Erano tutti di Alberto. E altrettante chiamate perse. Pochi secondi e il cellulare cominciò a squillare. Non guardò neanche chi fosse a chiamarla. Sapeva che era sempre lui. Escluse la suoneria e scrisse un messaggio.
- La tua amata Punto si trova in via De Fabris 19. So che hai un copia delle chiavi. Ti lascio i documenti sul sedile. La tua stupida Giulia.
Guardò un attimo l’orologio. Erano le 12 e 47 minuti. Tenne premuto con forza il tastino di spegnimento. Poi staccò la batteria ed estrasse la scheda SIM. Prese le chiavi e la borsa ed uscì di fretta dalla macchina. Una lacrima le scese fredda lungo la guancia destra. Lei l’asciugò di fretta e con un movimento tremolante della mano. Guardò in alto verso il semaforo poco più in là. Premette il pulsante e chiuse l’auto. Si avviò verso l’altra via. Fece scivolare in borsa il vecchio cellulare smontato e lasciò cadere la schedina tra le fessure di un tombino sporco. Stessa fine per le chiavi dell’auto.
- Addio per sempre Alberto.
Le labbra tremarono un poco. Un’altra piccola goccia correva lungo l’occhio destro fin sopra la bocca ad inumidire il labbro superiore. Questa volta sentì il sapore salato della lacrima tra la lingua e le labbra rosse che tremavano secche e screpolate. Socchiuse gli occhi…
- Alberto…
Disse con un filo di voce. Sentì una fitta al cuore. Dura e flessibile come un fil di ferro arrotolato di fretta intorno al muscolo cardiaco. Dovette lasciar cadere il mento sul petto e un piccolo singhiozzo fece sobbalzare un poco le lacrime che ora prendevano a scendere più copiose. Si trattenne stringendo i pugni. Ripassò di nuovo la mano destra sul viso più volte. Stando attenta a togliere i residui di liquido anche dagli angoli più esterni degli occhi. Avanzò verso il semaforo e fece un centinaio di metri. Poi tornò indietro.
- La valigia!
Fece uno scatto con la mano sinistra quasi a darsi un piccolo schiaffo sul viso. Poi corse velocemente verso l’auto. Si ricordò di non avere più le chiavi. Si guardò intorno. Aggrottò le sopracciglia e alzò le guance. Poi cercò di pensare. Prese il cellulare nuovo dalla borsa e chiamò uno di quei servizi per chiedere un meccanico.
- Stai calma ora Giulia, stai calma…
Stava sudando anche se l’aria era piuttosto fresca. Mentre il telefono squillava si passò due volte la mano destra lungo i capelli per tutta la loro lunghezza. Poi rispose una voce giovanile.
- Passami il principale, passami il principale!
Passarono due minuti in attesa.
- Sì?
- Ho un problema con la macchina! Ho perso le chiavi e la macchina è chiusa!
- Non si preoccupi signorina…
Dopo venti minuti arrivarono due tipi con una Panda rossa. Scesero e con uno strano strumento lungo e affusolato aprirono la portiera che scattò verso l’esterno. Un noioso antifurto collegato al clacson cominciò a stordire le orecchie dei passanti. Allora i due aprirono il cofano anteriore ed agirono velocemente su una leva che fece smettere il frastuono. Giulia prese 50 euro, invece delle 20 richieste, e gliele porse ringraziandoli. I due uomini si scambiarono un’occhiata di intesa e la salutarono risalendo sulla Panda rossa. Appena li vide lontano, azionò la leva per l’apertura del cofano posteriore.
- E se ora arriva Alberto? E se ora arriva?
Aprì il portabagagli ed estrasse il borsone. Era pesante. Lo poggiò velocemente in terra, sull’asfalto, facendolo inclinare su un lato. Poche ore prima era rimasta per 10 minuti interi ad osservarlo. Aveva pensato di lasciarla lì in autostrada quella borsa. Non sapeva neanche bene il perché. Aveva avuto voglia di buttare via quella valigia pesante, dal primo ponte incontrato lungo il tragitto. Anche questa volta si era chiesta il perché senza trovare risposta. Ora invece osservò per un attimo i bordi orlati e ricamati. Ma non era una bella valigia, osservò. Era piena di scuciture e una zip non si chiudeva completamente. Prese a due mani il borsone e si trascinò fino al semaforo. Lesse la via all’incrocio. Prese il cellulare nuovo e fece il numero dei tassì.
- Buongiorno taxi, mi dica…
- Ehm, via… via… ma che via è?
- Signora mi dica la via, prego…
- Un attimo…
- È una scherzo per caso, signora? Noi stiamo lavorando…
- No, certo che no… Un attimo… sono all’incrocio con via De Fabris e… ah ecco, mi scusi… Me lo mandi in via Bonaiuto 30.
- 5 minuti, buongiorno!
Il tassì arrivò con un certo ritardo. Un omino sottile e vestito chiaro l’aiutò con la valigia. Giulia si guardava a destra e a sinistra da dietro le spalle. Le mani erano raggrinzite e il movimento del cuore era visibile all’altezza del petto che si alzava e si abbassava veloce da sotto il vestito madito di sudore. Riuscì solo dire:
- Un hotel a 4 stelle qualsiasi. Ma dall’altra parte della città! Ah… per favore e grazie…
Dormì un poco durante il tragitto. Poi l’omino la svegliò. Sembrava chinare un poco la testa per guardarla meglio in piedi da fuori l’auto.
- 48 euro… eh…
- Un attimo…
Giulia cercò nella borsa ma si rese conto di avere solo moneta e 20 euro in carte.
- Guardo nella borsa da viaggio…
Non le era sembrata una buona idea. Ma non vedeva come risolvere altrimenti.
- Ha 500 euro da cambiare?
- Che?
L’omino rimase basito. Finirono per entrare direttamente nell’hotel, i 5 monti, per chiedere il cambio.
Una volta andato via il tassista Giulia esordì alla receptionist:
- Una camera comoda, matrimoniale, full optional, con doccia e frigo! Ma soprattutto… letto comodo!
Doveva avere uno sguardo sconvolto perché la ragazza da dietro il bancone la guardò sgranando gli occhi e poi serrando forte i denti.
- Sì, certo, certo non si preoccupi.
Le porse le chiavi col numero 40 tenendole tra due dita come si farebbe con un filo a piombo.
Giulia dormì per tutto il giorno completamente nuda sotto le coperte. Le tapparelle tutte abbassate. Aveva spento il cellulare e si era fatta subito una doccia bollente. Non aveva mangiato nulla. Non aveva fame d’altronde. Fece un lungo sonno senza sogni.
Fino a sera.
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Utente Gold
26/06/2008 10:11

Giulia si svegliò e dopo un attimo di confusione guardò in giro per la stanza. Trovò la piccola luce sul comodino sulla destra e subito lo sguardo cadde ai suoi piedi e poi sopra la sedia poco più avanti. La valigia giaceva silenziosa con la cerniera verso di lei. Per un attimo aveva avuto un momento di sconforto. Si era passata entrambe le mani tra i capelli e si era poi grattata un poco il naso, proprio sulla punta, dove un fastidioso dolorino le aveva disturbato anche il sonno di prima. Si sedette meglio tra le lenzuola bianche e si perse un attimo ad ascoltare la morbidezza delle stesse passando e ripassando tante volte il palmo della mano destra sul materasso descrivendo piccoli cerchi. Lo sguardo era fermo e assente. Gli occhi però sembravano seguire, di tanto in tanto, con un leggero scatto, i movimenti della mano. Si guardò poi le unghie. Lo smalto chiaro era quasi del tutto scomparso. Solo qualche spillo luminoso qua e là sulla superficie dell’unghia. Prese per un attimo a fare una cosa nuova. Diede tre o quattro piccoli morsetti sulla punta delle unghia di una mano. Tanto per saggiarne la flessuosità mista alla durezza. Sentì la saliva scendere un poco sul mento. Poi decise di alzarsi definitivamente. Cercò l’orologio prima sul comodino di lato, vicino alla lampada. Poi rotolò due volte sul fianco fino a ritrovarsi a pancia in su. Incrociò un momento le mani sul grembo e si fissò su una macchiolina sul soffitto. Accennò un sorriso con un angolino della bocca subito spezzato da un muto ed ampio sbadiglio. Le labbra si contorsero non poco verso il lato destro. Poi, come una molla, fece che saltare seduta sul letto con la schiena ritta come fosse poggiata a una parte di aria. Riportò le mani in grembo e lentamente si alzò facendosi forza sulle ginocchia. Mosse più volte la testa a destra e a sinistra.
- Ma dove diavolo ti sei ficcato..?
Si mosse verso la sedia e spostò un poco la valigia. Poi andò a controllare sul frigobar. Infilò di nuovo la punta dell’indice in bocca un secondo… assaporò un altro momento la pelle salata mentre gli occhi roteavano seguendo i bordi oculari dal alto fin verso l’alto.
- Ah!
Aprì di scatto il frigo. L’orologio aspettava penzolando il cinturino dorato tra uno scomparto e l’altro. Mentre se lo portava vicino agli occhi prese anche una birra in lattina da 33CL. Strizzò due volte gli occhi. Alla fine si inginocchiò un poco per mettere il quadrante in direzione della luce opaca del frigo.
- Le 9 e mezza! Azz..! se ho dormito! Mmmh, c’ho una fame…
Passò una mano a palmo aperto sull’ombelico scoperto e fece un breve movimento, più simile ad un buffetto che ad una carezza, verso l’alto strofinandosi il ventre. Poi si rizzò in piedi con le spalle un poco incurvate. Mosse un poco le spalle in avanti e indietro e sollevò le braccia tenendo ancora l’orologio in mano. Si stirò un poco verso l’alto accompagnando un poco il movimento sollevandosi sulle punte. I polpacci si indurirono un poco. Lei si volse dietro col capo a spiare le rotondità sulla parte bassa del suo corpo. Si fermò con lo sguardo sulle caviglie.
- Mmmh…
Sospirò sgranando gli occhi e gonfiando un poco le gote.
- Ma sì… a mangiare.
Disse avvicinandosi al vestito rosso abbandonato sulla valigia.
Poco più tardi fu sotto al ristorante.
- La signora aspetta qualcuno?
Un cameriere in divisa si era prodigato a portarle un menu. Al piccolo scuotere della testa da una parte all’altra da parte di Giulia accennò un breve assenso col capo. Poi si allontanò girandosi sui tacchi e fissando senza scomporsi un altro tavolo dove si erano seduti due signori. Fece un segno verso il signore al banco e si avvicinò a prendere un altro menu da consegnare ai nuovi arrivati.
- Mamma mia che prezzoni!
Giulia sbuffò una risatina commentando tra sé e sé. Ma stasera aveva voglia di mangiare quello che voleva. E poteva farlo e ora e per sempre.
Scelse pesce ovviamente. Ma anche un bel primo. Optò per un piattone di spaghetti allo scoglio. Poi prese l’astice. Ebbe qualche difficoltà nello spezzare le chele con la pinza. Fece più volte colare il sughetto caldo sul tovagliolo posizionato a bavaglio. Continuava a ridere tra sé tanto che la coppia seduta accanto più volte si girava verso di lei. In particolare la signora vestita con un abito verde sul quale spiccava l’enorme collana di perle opache, la fissava contorcendo il naso ogni qualvolta si sentivano i vari crik o crok di quelle chele maltrattate. Giulia poi aveva preso anche a pulirsi più volte le guance con le mani, incurante di imbrattarsele a loro volta.
Il cameriere gli porse allora un piccolo rotolo di tovaglioli di carta. Il viso dell’uomo si aprì in modo tirato accennando un lieve inchino prima di ritirarsi.
- Grazie, grazie! Altro vino per favore!
Aveva optato per un frizzantino rosso. Aveva voglia di un bel rosso invece del solito bianco. Un pochino di liquido le scendeva ora sul mento creando un alone misto a qualche residuo di astice appena percettibile. Prese alla fine l’animale tra le due mani e l’addentò facendo un rumore intenso. La coppia vicino fece un cenno al cameriere. La donna si alzò e si avvicinò al banco.
- Lascia cara che faccio io… figurati…
Prese l’uomo alzandosi di scatto lasciando cadere dal pantalone del completo scuro il tovagliolo a terra. Corse verso il banco e domandò il conto.
Giulia assistette alla scena e rise come quando era bambina. Gonfiò parecchio le gote e sbuffò colpetti divertenti che si mischiarono alla tosse a causa del cibo ancora non ingoiato. Con tutte e due le mani unte e alzate versò l’alto urlò:
- Ehi tu, cameriere, portalo pure a me il conto! Pago con pezzi da 500!
Il cameriere che in quel momento si trovava in fondo alla sala non si voltò a parte per un breve cenno del capo e degli occhi verso di lei. Stava per alzarsi Giulia quando un uomo piuttosto distinto le si avvicinò.
- Ma buonasera Giulia! Sono Sam, ti ricordi di me?
L’uomo si sedette al tavolo senza troppi complimenti.
- Cameriere il conto a me, grazie… gradisci un caffè? E magari dopo un ammazzacaffè?
L’uomo allargò il viso in un ampio sorriso che scopriva i denti luminosi disegnando un grande arco fin quasi sotto gli occhi. Si appoggiò sul dorso delle mani intrecciate. La fissava con occhi larghi e grandi. I capelli erano piuttosto e volutamente mossi di un nero liquido a causa del troppo gel. Le sopracciglia folte e scure e strette sul naso piuttosto gonfio. Il mento tradiva una barba fatta male con qualche taglietto qua e là vicino alla fossetta. Anche la mascella era piuttosto spessa. Le orecchie appena visibili tra i capelli abbandonati fin sopra la camicia bianca a righe rosa. Rosa era anche l’interno del colletto.
Giulia fece uno strano movimento sulla sedia. Prima sembrava avvicinarsi verso l’uomo seduto di fronte come se affetta da miopia fulminante. Poi ricadde pesante sul mobile buttando indietro la schiena. Socchiuse gli occhi lasciando una fessura stretta. Sibilò tra le labbra contratte:
- Scusi, ma lei chi sarebbe, ha detto?
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26/06/2008 10:11

L’uomo si sfilò la giacca marrone e l’appese allo schienale della sedia. Poi riappoggiò il mento sulle mani intrecciate.
Giulia si sporse un pochino di lato sul sedile. Si pulì un poco la bocca unta lasciando una leggera striscia di sugo tra il labbro superiore e il naso. Poi fece guizzare gli occhi da sinistra a destra a controllare le estremità del salone da una parte e dall’altra.
Sam non smise di fissarla con quel suo grande sorriso. Spostò un pochino il mignolo della mano sinistra e si diede una grattatina sotto la base del naso.
- Possibile non ti ricordi? All’ospedale… quel giorno…
Giulia non rispose. Lo squadrò meglio da capo a piedi. Si fissò sulla sua fossetta sul mento.
- Sei amico di..?
- Alberto..? Certo…
La donna fece un piccolo balzo sulla sedia e cominciò a muovere velocemente la testa da un lato all’altro della sala. Aprì la bocca lasciandosi sfuggire qualche sospiro rumoroso. Poi fece per alzarsi tirando indietro la sedia e facendo leva sulle ginocchia.
- Non ti farò del male, tranquilla.
Lui le aveva preso la mano sottile. Il tocco era caldo, ruvido. Davano l’idea di uno che aveva lavorato molto nella vita. Forti, grandi e quadrate, le sue mani stavano in bella mostra sul tavolo. Una cingeva con una stretta leggera il polso di Giulia.
- Siediti.
Le disse serio e con le labbra serrate.
Lei si risedette tirandosi la sedia sotto il tavolo. Richiuse le ginocchia e si poggiò meglio sullo schienale. Rilassò il contorno occhi e questa volta riprese a battere le palpebre con calma. L’iride si rilassò un poco.
- Eh?
Lo invitò a proseguire ritirando la mano vicino a un fianco.
L’uomo rischiuse il sorriso e si guardò un taschino. Poi slacciò le mani e si mise a cercare qualcosa tra le tasche della camicia. Si alzò un attimo rivelando un paio di jeans marroni con cuciture bianche. Alla fine estrasse delle carte stropicciate e piegate in quattro da una tasca di dietro.
- Possibile che non ti sei mai chiesta come mai tuo nonno non ti abbia parlato della tua eredità?
Giulia fissò per qualche secondo il foglio sulla tovaglia bianca. Il cameriere si avvicinò posando due tazzine sui rispettivi posti sul tavolo.
- Caffè signori…
- Ci porti anche due digestivi. Io prendo anche un dessert. Magari un tartufo. Tu?
Lui alzò lo sguardo verso Giulia.
- Un amaro qualsiasi. Grazie.
Il cameriere scattò di lato e si allontanò.
Sam fece un movimento col mento in avanti e verso il basso, indicando il foglio sul tavolo. Poi fissò Giulia. Smise di sorridere e il viso si contrasse nelle due labbra serrate. Nessuno dei due toccò i caffè che fumavano fin sotto i loro nasi.
Giulia fece scattare la mano destra che afferrò veloce il foglio. Se lo portò dietro il piatto. Lo aprì e cominciò a leggere alla rinfusa.
- Che significa?
- Sei una ragioniera… dimmelo tu…
L’uomo riprese a sorridere. Chinò un poco la testa di lato sempre fissando gli occhi di Giulia.
- È un bilancio. Della società edile che era fallita e che era di nonno Enrico. Cosa c’entra mio nonno? Mio nonno aveva perso tutto.
- Vedi cara la mia piccola Giulia…
L’uomo si mosse da una parte all’altra della sedia come a cercare meglio l’equilibrio. Si grattò un poco sotto il mento e nella parte alta del collo. Diede un’occhiata di lato girando anche il capo e poi si avvicinò a Giulia sollevandosi un poco sulla sedia.
- Quello che era rimasto, cara Giulietta… soldi nascosti… quello che ti eri fatta fregare da Alberto. Tutta roba conservata e nascosta accuratamente. Ma Alberto sapeva tutto.
Le aveva detto sottovoce. Giulia si limitò a contrarre da un solo lato la fronte. Si morse un poco la lingua.
- Spiegati meglio, per favore.
Chinò il viso a riguardare i fogli. L’uomo li afferrò e li abbassò un poco quel tanto da poter dare un’occhiata veloce.
- Beh io sono venuto a prendere la mia parte, ovviamente. O preferisci che ti porti da Alberto?
Giulia fece un movimento di spinta con le braccia verso il tavolo e si alzò.
- Ah, ah… Giulia sono sicuro che non mi farai arrabbiare, cara la mia impiegata.
- Quanto ti ha dato Alberto per trovarmi?
- Molto meno di quello che mi darai tu per non averti trovata. A proposito, quanto viene la metà? Mi spetta non credi? Dopo tutta la strada che mi hai fatto fare ci vuole un piccolo rimborso.
Giulia guardò in basso e si fermò con lo sguardo sulla punta delle ballerine.
Sam scoppiò in una risata con un tono profondo fissandole la fronte:
- Non mi dire che non li hai neanche contati!
L’uomo prese una bustina delle due sul piattino. La aprì tirando con due dita di una mano e versò lo zucchero nella tazzina. Girò un poco il cucchiaino.
- Guarda che Alberto è un tipo strano. E’ un tipo tranquillo, sì… Ma se perde la testa… e poi si è fissato con te e i soldi. Ma io lo conosco. Vuole che ti riporto da lui. Vuole te. Quello ha perso la testa secondo me.
Incominciò a sorseggiare il caffè. Poi lo finì con unico colpo di polso. Giulia non toccò la sua tazzina. Rimase in piedi vicino al tavolo a fissare Sam e i suoi movimenti.
Il cameriere poggiò sul tavolo un tartufo bianco e due bicchierini contenente qualche tipo di alcolico. Diede uno sguardo con la testa chinata verso il basso e gli occhi verso l’alto a spiare Giulia che stava tutta contratta e silenziosa in piedi. Poi posò il conto su un piattino che spinse verso Sam. L’uomo pagò velocemente e il cameriere si prodigò a portargli il resto. Sam si girò un poco di lato sulla sedia e con le mani cercò verso il basso in una tasca della giacca. Estrasse un pacchetto bianco di sigarette da 20 e un piccolo accendino con sopra il disegno di una donna vestita di nero. Quando si avvicinò la macchinetta alla sigaretta stretta tra i denti ed aspirò per accenderla, il movimento trasformò l’immagine in un nudo della stessa ragazza ritratta.
- Hai intenzione di stare alzata ancora molto? Io dico di no. Siediti.
Giulia non si mosse.
Sam, con un largo sorriso sul viso, puntò l’indice e il medio aperti a V della destra verso i suoi occhi, guardando Giulia che seguì il movimento delle dita con lo sguardo. Poi indicò il basso e l’interno della giacca marrone. C’era una tasca. Con l’altra mano gliela mostrò meglio. Spuntava il calcio di una piccola rivoltella grigia.
Giulia scattò di colpa sul sedile e tenne la testa in basso col collo contratto. Unì le mani e strinse i gomiti sui fianchi. Poi strizzò gli occhi con forza chiudendoli più volte. Tutto il corpo era scosso da tremiti.
- E non avere paura che non ti faccio niente!
Disse Sam con tono rassicurante.
- Stavi attirando troppo l’attenzione. Dai, tranquilla che tra poco sarà tutto finito.
Tirò un’altra boccata di fumo.
- Troppe emozioni per un’impiegata… Eh, eh, eh… era meglio rimanere in ufficio invece di dare ascolto a quell’esaurita di Amanda… volevi fa la cowgirl, eh?
Poi squadrò bene il seno di Giulia. Era stretto e sodo mentre stava costretto nel corpetto del vestitino rosso.
- Comunque sei molto carina… ma cosa ti è saltato in testa? Pensavi fosse così facile?
Due lacrime, prima sulla guancia destra e poi su quella sinistra, scesero copiose sul viso di Giulia. L’uomo si passò il dito indice nell’orecchio sinistro e fece un piccolo movimento circolare. Poi si strofinò la punta del naso tra l’indice e il pollice. Fissò quelle due gocce larghe che scendevano verso la bocca di Giulia.
- Sai cosa penso..? Che tu hai troppa paura di tornare a quella vita di tutti i giorni in quell’ufficio. Ecco perché sei scappata con i soldi..
Giulia si asciugò con la mano destra una lacrima. Poi poggiò l’altra mano sul tavolo.
- Dai che tra poco sarà tutto finito…
Pose la sua mano su quella di lei. Giulia la ritrasse in fretta urtando il bicchiere che cadde rovesciando quel poco di vino che rimaneva al fondo. Lasciò un striscia rossa sulla tovaglia in direzione dei seni di Giulia.
Sam abbassò lo sguardo e gli angoli della bocca.
- … il tempo di una sigaretta.
Prese e strizzò il mozzicone con tre spinte un poco circolari sul piattino.
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26/06/2008 10:12

- E smettila adesso, non farmi fare la parte del cattivo…
L’uomo la strattonò con forza tenendola stretta con una mano poco sopra il gomito.
- Mi fai male, mi fai male, lo capisci?!
- Ok, ok quante storie, ora ti lascio ma te non fare troppo casino, eh?
L’uomo si sfilò un’altra sigaretta dal pacchetto che ripose subito nel taschino della giacca. Abbassò un poco lo sguardo, si grattò con un dito sotto il naso. Con una mano cercò qualcosa nelle tasche grandi. Tolse l’accendino con la donnina e si fermò a mezz’aria con la mano davanti il volto.
- Oh Madonna… e se mi guardi così mi fai pure passare la voglia di fumare..! E che cos’è…
Mentre portava un piede avanti facendo un piccolo scatto con i polpacci, Giulia aveva prima abbassato la testa in basso come a cercare qualcosa sul tappeto rosso del corridoio. Poi si era fermata e si era girata verso Sam. Questa volta aveva socchiuso un angolo della bocca e sbuffato in modo quasi impercettibile dalle narici. Poi inarcò molto un sopracciglio e contrasse le labbra. Una piccola lacrima si era formata sotto l’occhio sinistro e tremava senza lasciarsi cadere.
- Ѐ qui… subito dopo questo coso…
Indicò con l’indice della mano destra un piccolo mobile tondo che fungeva da piedistallo ad un vaso di fiori piccoli e multicolori.
Mentre faceva girare la chiave che era attaccata con una catenina dorata ad una grossa e pesante etichetta di plastica con su scritto in un rosso scuro ed in uno strano rilievo: 40, Giulia spostò gli occhi verso l’alto e fermò lo sguardo su uno di quei faretti dorati che riflettevano oblundi movimenti rossastri sulla loro superficie. Provò più volte a girare la chiave grande ma sembrava essersi dimenticata come si facesse ad aprire una porta. Pensò a come doveva essere prima quel punto dove ora c’era quel faretto in alto. Era solo una questione di attimi. Se fosse stata anche nello stesso posto ma in un momento diverso sicuramente ora tutto sarebbe normale. O magari, continuava a pensare, sarebbe potuta essere un’altra persona. Magari una sposina in viaggio di nozze e quella stanza sarebbe potuta essere la protagonista della sua prima notte. O ancora sarebbe potuta essere uno degli elettricisti che montavano quel faretto chissà quanto tempo fa. Tutto sarebbe stato meglio che essere in quella situazione. Persino l’ufficio grigio di ogni giorno poteva essere meglio di tutto quello che stava accadendo.
La porta si aprì con uno scatto sordo su un buio opprimente. Giulia cercò di lato l’interruttore. Sfiorò un piccolo sensore rivelatosi al buio grazie al suo puntino rosso che pareva pungerle gli occhi. Tre faretti, simili a quelli del corridoio si illuminarono con troppa forza rispetto alla luce del corridoio. Tutto era diventato troppo vivido. Il cuore sembrava muoversi a rilento mentre le scendeva su e giù dalla gola all’ombelico. La stanza le era improvvisamente sembrata più piccola. Deglutì:
- Ecco…
Diede un colpo leggero alla porta per spalancarla. L’uomo entrò e si diresse velocemente verso la valigia. La aprì completamente e alzò alcuni pezzi da 500 al soffitto per guardarli in controluce. Gli occhi di Sam erano fermi e le pupille si erano costrette in un circolino scuro. Aggrottò parecchio le labbra chiuse. Poi le distese. Pian piano i muscoli intorno alla bocca si rilassarono a formare un sorriso largo.
- Ed entra e chiudi quella porta… t’ho detto che non ti faccio niente… non ti faccio niente quindi, no?
Disse a Giulia con un tono come se si rivolgesse ad un bambino. La donna era rimasta immobile davanti la porta chiusa. I piedi quasi uniti. Le braccia chiuse davanti al petto. Richiuse piano la porta e si avvicinò al letto dove rimase in piedi. L’uomo girò un poco la testa e da dietro la spalla indirizzò una risatina verso Giulia. Poi si girò meglio a guardarla. Era buia, in controluce a causa della lampada sul comodino che le illuminava il fondoschiena. Era impossibile distinguere bene il suo volto.
- Pezzi da 500? Ma Amanda è tutta matta…
L’uomo si allungò sul letto fino a sedersi quasi su un fianco. Poi si distese quasi completamente. Giulia chinò il mento e seguì il movimento. Sam aveva ancora in mano un mazzetto di soldi. Se li strofinò un poco sotto il naso. Poi fece schioccare l’aria sotto uno schiaffo forte tra le due mani e le braccia tese verso l’alto. Fece leva sul bacino per risedersi.
- Dobbiamo andarcene da quì…
- Senti prenditi i tuoi soldi… anche tutti, ma lasciami stare ora…
L’uomo si alzò di scatto. Gli angoli della bocca scesero verso il basso e gli occhi si fermarono su quelli di Giulia. L’uomo sporse un poco le labbra in fuori e chinò un poco di lato la testa muovendola brevemente da una parte all’altra. Poi prese con una mano la piccola pistola.
- Fin’ora abbiamo scherzato. Andiamo.
Chiusero per bene la borsa e l’uomo aiutò Giulia a portarla nell’ascensore. Si affrettarono verso la reception. Dietro il bancone trovarono un uomo anziano che stava scrivendo sul registro.
- Non si ferma più per la notte signorina?
Giulia scosse velocemente la testa da una parte all’altra mugolando seccamente:
- Mmh mmh!
L’uomo alzò lasciando il viso verso il basso e dalle sopracciglia grigie e mosse fissò meglio la donna. Poi spostò gli occhi verso Sam. Ritornò verso la ragazza contraendo un poco il collo. Alzò meglio la testa verso Giulia rivelando un grossa voglia ad un angolo della bocca.
- Signorina, c’è qualche cosa che non và?
Giulia era completamente sudata. Si teneva un braccio con l’altro e cercava di trovare qualche carezza dalla mano aperta. Non rispose. Abbassò lo sguardo e non mosse altro muscolo.
Quasi contemporaneamente Sam alzò lo sguardo verso il banco descrivendo un movimento obliquo dal basso verso l’alto e da destra a sinistra. I capelli vibrarono un poco all’arresto della testa:
- E che problema c’è? Sta con me!
Il vecchio, contagiato dal sorriso largo dell’uomo di fronte, accennò un piccolo sorriso dal lato della voglia. Spense subito il viso, però, quando incontrò gli occhi sbarrati di Sam. L’anziano rivelò un piccolo tremore sulle labbra. Poi deglutì. Mosse più volte gli occhi dal registro a Giulia e poi di nuovo al registro.
- Va bene signori… eccole il documento signora…
Giulia rivelò le chiavi che erano rimaste nascoste fino a quel momento sul petto dentro il pugno chiuso e le lasciò cadere rumorosamente sul bancone. Afferrò di fretta il documento e senza metterlo in borsa si girò sui tacchi e prese per l’uscita sibilando:
- … derci..
Il vecchio la seguì con lo sguardo sulle sue natiche che si alzavano e ricadevano in modo alternato. Le sopracciglia dell’anziano si alzarono un poco e gli occhi si allargarono. Un sorriso malizioso si era formato spontaneamente sul viso. La testa si piegò un poco di lato a favorire meglio la bella visione che scorreva per la hall. Mentre girava di nuovo la testa si chiuse non esprimendo alcuna emozione.
- Bella la mia signora, eh? Giulia! Non correre troppo amore, sto arrivando!
Sam era appoggiato con un gomito sul bancone col corpo storco. Aveva seguito con un sorriso il movimento della donna. Si rialzò di fretta e si fermò per un attimo davanti il viso freddo del vecchio. Un occhio di Sam scattò in un complice occhiolino. Poi, con la valigia in una mano, affrettò il passo e scomparve dietro le due ante scorrevoli che si richiusero silenziose dietro la sua schiena.
- Bah… turisti…
Borbottò il vecchio premendosi un poco la dentiera con le punte dell’indice ed il medio della mano sinistra. Ritornò con gli capo basso sul registro mentre prendeva una penna.
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I'm the man
Utente Gold
26/06/2008 10:12

Giulia, si era affrettata verso l’esterno. Ma l’uomo la raggiunse quasi subito sorpassandola . Mosse in uno strano dondolio la testa e rise un poco. Fece una riverenza tenendo rigida una gamba e piegando l’altra sul ginocchio. Abbassò la testa e con una mano aperta verso l’alto descrisse un arco puntando verso destra.
- Da quella parte mamuselle…
- Casomai mamoiselle…
- Eh non fare la schizzinosa. Studiare, studiare… e cosa c’hai risolto? Impiegata e triste per anni.
- Io non sono triste.
- Allora perché hai bisogno di questa?
Sam alzò la valigia in aria fino a quasi l’altezza del petto per poi lasciarla cadere stancamente sul fianco. Arrivarono alla macchina. L’uomo fece scattare la portiera rossa della sua Alfa Romeo. Prese la valigia, aprì il bagagliaio e la gettò al suo interno spicciamente.
Corse poi dal lato guida e si sedette.
- Allora vuoi un invito in carta bollata, cara mia MAMUSSELLA?
Giulia si sedette velocemente e mise le mani stanche sul grembo. Cominciò a fare piccoli strani giochi con le unghie. Poi mosse di colpo il viso verso l’uomo.
- Robè sei te… eh… mi devi fare un favore…
L’uomo aveva avvicinato un cellulare grigio di quelli senza sportellino all’orecchio.
- Sì ma non ti preoccupare… ti ho detto non ti… ma se ti ho detto che te li pago! Vengo per quello… ok non solo… come per quell’altra volta. Dai ti chiamo dopo. Domattina, dai! Cia..!
Premette un pulsante e poggiò il cellulare spento sul vano portaoggetti. Accese la radio e cominciò a cercare stazioni.
- Ma una bella canzone ne fanno oggi? Al giorno d’oggi. Ce ne fosse una buona! E che cos’è…
- Senti potresti andare più piano… e poi dove…
- Dove stiamo andando? Da un mio amico…
- Roberto?
- Eh!
- A fare?
- Non vorrai mica andare in giro con pezzi da 500… vediamo cosa si può fare…
- Vuoi cambiarli?
L’uomo girò il viso verso la donna per un momento e le sorrise. Diede un’occhiata al contachilometri e rallentò.
- Ma dove stiamo andando?
- Da Roby!
- Sì, ma dove abita?
- Centro, andiamo verso il centro…
- Ma se hai preso l’autostrada…
- Centro Italia… seee…
Cambiò di nuovo stazione e tamburellò con le dita a seguire il ritmo della musica. Accelerò nuovamente. Giulia strinse i gomiti intorno al corpo e le mani come a pregare. Abbassò parecchio il mento sul petto. Irrigidì il collo e l’addome. Strizzò più volte le palpebre.
- Senti così mi sento male rallenta per favore…
L’uomo volse di nuovo la testa verso di lei. Poi decise di rallentare. Sfilò una sigaretta dal pacchetto nel portaoggetti. Prese un accendino e inalò un poco per accenderla. Giulia girò la testa dall’altra parte. L’uomo fissò un poco due macchine davanti che sorpassavano un grosso camion. Socchiuse gli occhi e premette due tasti neri sulla portiera sinistra. I vetri anteriori si abbassarono un poco. Sbuffò un filo di fumo attraverso la fessura verso l’esterno.
- Lo sai chi mi ricordi te ora che ti sto guardando da vicino?
Giulia continuava a fissare la sua immagine riflessa nel finestrino.
- Un po’ quella Licia… quella… come si chiamava quella monella…
La donna si volse verso di lui e lo guardò un attimo con le sopracciglia contratte.
- Quale?
- Quella di Manzoni, dei Promessi Sposi!
- Licia? Ma che Licia, era Lucia! Lucia Mondella! Mon-del-la!!! Ma come fai a non sapere chi era Lucia Mondella?
- Va beh comunque ti somiglia. Avevo visto un film. Tu sicuramente avevi letto pure il libro di Manzoni. Ma mi sembri che fai tutta la buona, la spaurita… poi magari sei tutta diversa… se no col cavolo che uno come Alberto ti voleva così tanto… Sì, sei carina… ma ci dev’essere qualche altro motivo.
Giulia era rimasta ferma un momento. Poi scosse la testa e si fermò col viso un poco di lato. Contrasse parecchio il musetto e il naso e poi si voltò di scatto verso il suo finestrino a fissare l’esterno. Le mani stringevano con forza il vestito all’altezza dell’ombelico tirandolo un poco verso il basso.
- Eh, che dici? Non parli?
L’uomo aspettò un poco una risposta che non arrivava. Fissò allora la strada e si voltò due o tre volte verso la sua sinistra incontrando la nuca di Giulia. Sbuffò un altro filo di fumo. Alzò il volume dell’autoradio e riprese a correre.
Passarono qualche ora. Orma era notte fonda. L’uomo accostò in un’area di emergenza.
- Scendi.
- Come? Come: scendi?
- Dai scendi, muoviti, che mi sto stancando, scendi!
Giulia si era rialzata di colpo dal poggiatesta nero sul quale aveva poggiato la testa stanca. Si era addormentata.
- Ti prego, cosa vuoi fare?
Giulia cominciò a piangere mentre il cuore le premeva sulle ossa del petto. Scese fuori dell’auto sulle gambe tremolanti. L’uomo corse dietro e si sedette nel sedile posteriore a quello di guida e fece segno alla donna di sedersi davanti. Giulia chiuse gli occhi e si sedette alla guida.
- Vai. E non fare scherzi.
Sventolò brevemente la pistola vicino al tettuccio chiaro. Giulia inserì la prima della macchina ancora accesa e in folle e rientrò in autostrada. Nessun’auto né camion nei paraggi.
Passarono parecchi kilometri senza una parola. Giulia osservava il tizio nello specchietto che ogni tanto socchiudeva le palpebre. Ad un certo punto, nonostante la musica alta, crollò. Poi si riprese. Ma poi si appoggiò con la testa sul sedile addormentato. Giulia sgranò gli occhi. Con la destra tremolante si avvicinò lentamente al cellulare dell’uomo. Pensò di chiamare il padre. Forse l’avrebbe aiutata. Si accorse che il cellulare era protetto da PIN. Chiuse gli occhi un momento. Cliccò i tasti 1 e poi 1 e ancora 2…
- Dai, dammi quel cellulare MAMUSELLA…
Giulia chiuse gli occhi per qualche secondo. Poi con la mano destra porse il telefonino alla mano dell’uomo dietro di lei.
- Dai che siamo quasi arrivati. Devi girare tra due svincoli… E ridi un poco!
Due rivoli di pianto scendevano lungo le gote e ai lati delle labbra contratte.
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