Mi trovo in un grande salone ottocentesco. Arazzi color porpora alle pareti, antiche armi incrociate davanti a qualche armatura e spledidi tappeti sono tutt'intorno a me.
Mi siedo a capotavola. Il tavolo è antico, spesso e lunghissimo, almeno un 6 o 7 metri. Dall'altro lato ci sono tutti i miei parenti. Vivi e morti. E stanno litigando selvaggiamente. Violano schiaffoni e spinte, urla e parolacce.
D'un tratto sul tavolo sale con i piedi un mio zio vivente che comincia ad urlare sopra gli altri usando epiteti tra i più disparati.
Solo a quel punto rompo il mio silenzio: "Ma la vuoi finire di urlare così?".
E lui a me: "Sei tu! Sei solo tu che fai casino nella famiglia, sempre e solo tu!!!".
Di colpo mi ritrovo in una sdradina asfaltata, stretta tra vari mura di casa. Sto facendo una salita. La mia attenzione cade sui piedi e noto solo allora di essere a cavallo di una piccola bicicletta rossa con, ai lati della ruota posteriore, due piccole rotelle grigie.
Faccio molta fatica per andare avanti in quanto la strada è sempre più ripida.
Ad un tratto mi affianca una vecchia auto bianca con alla guida un anziano e di lato l'amico anziano
Pino.
Quest'ultimo mi dice: "Per quanto ti dia da fare non potrai mai raggiungerci".
L'auto accellera e io cerco di raggiungerli ma, ovviamente, è impossibile per me.