L'attesa

Mi reco a casa in auto per iniziare l'attesa.
Mi ritrovo nella vecchia camera da letto di quando ero bambino. Il pavimento è ricoperto da piastrelle arancio sporco mentre i muri sono bianchi. Non ci sono mobili tranne il letto. C'è mia madre seduta su un lato del letto(ricoperto da un lenzuolo blu con un risvolto bianco, un cuscino bianco sottile, da ospedale. Le sponde sono metalliche di color rosso vivo, appena dipinto; due pigne dorate sono agli apici laterali della sponda dei piedi) che mi fa stendere e mi abbraccia, nell'attesa.
Mi addormento. E tutte le idee intorno a quello che sta per accadere si materializzano nella stanza buia: due strani insetti neri del tutto simili a formiche ma grosse come un pugno. Volano per la stanza anche se non hanno le ali. Poi mi alzo e cammino un pò per il locale buio. Inciampo in qualcosa di solido ma, allo stesso tempo, morbido. La luce si rivela un poco e noto, per terra, sempre in movimento, un mezzo busto in carne ed ossa di Liv Tailer. Ero inciampato su di lei. Indossa un vestitino a campo blu notte e con grossi pois bianchi. Come gli altri oggetti della stanza si muove verso la porta marrone. Nel suo caso, il busto, fa dei strani movimenti puntellandosi sulla spalle.
Ad un certo punto sollevo le braccia al cielo ad imitare una preghiera stile Evangelista(della serie: non è vero ma ci credo! E se fosse vero, finita l'attesa, non potrei più recuperare...).
Poi penso che è meglio affrontare la cosa da sdraiati, con le mani giunte e i piedi uniti. In modo classico, insomma.
E poi penso che se fosse il modo sbagliato dopo mi avrebbero dovuto girare all'interno della cassa perché è valido anche stare su un fianco.
Nel frattempo sento una voce fuori campo: 'il sogno è finito: sono le 06.30'.
Mi sveglio(davvero) e spio l'orologio: sono davvero le 06.30. Mi giro dall'altro lato. C'è ancora un'altra oretta di sonno. Da godersela, questa volta, senza sogni.